di Daniele Fiorillo
Storia del teatro e dello spettacolo
Prof.ssa Aurora Egidio
Università degli Studi di Salerno

Si amano o si odiano? Sono vivi o sono morti? Il tempo è fermo o continua a scorrere inesorabile? I gabbiani al di fuori della casa ci sono per davvero o è un’illusione dei protagonisti? Sono solo alcune delle domande suscitate dai quattro personaggi in scena, Hamm e Clov, padre e figlio, Nagg e Nell, genitori di Hamm. Lo spettatore arriva a chiedersi se la madre e il padre di Hamm siano effettivamente presenti in scena o siano solo dei fantasmi, o se piuttosto rappresentino una proiezione mentale di Hamm e Clov, resi folli dalla loro stessa quotidianità, ossessiva e ciclica.

La regia di Gabriele Russo riesce a dare nuova linfa al dramma di Beckett, senza mai snaturarlo. Il luogo in cui si svolge l’azione non evoca più un bunker, spettro della paura di una guerra atomica, bensì una semplice residenza domestica, eco claustrofobica del tempo pandemico, a cui il regista, con l’ausilio dello scenografo Roberto Crea, riesce a dare il senso di un rifugio-prigione, con le mattonelle sporche, la vasca da bagno piena di immondizia, le pareti corrose dalla muffa, tutto al fine di creare un posto buio e angosciante, in cui i protagonisti si ostinano a vivere forzatamente insieme.

Il rapporto tra Hamm e Clov è reso perfettamente dalla chimica, evidente, che c’è tra gli attori Michele Di Mauro e Giuseppe Sartori, che interpretano due inetti legati da un forte legame padre-figlio, o forse da qualcosa di più, che non viene mai rivelato del tutto, solo accennato. 

Hamm, cieco e paraplegico, ormai prossimo alla morte, è colmo di un odio, verso se stesso e verso l’umanità, che sfoga su Clov, ma, al tempo stesso, prova un profondo amore che non riesce mai a esprimere del tutto. Clov, giovane e ancora in salute, fatta eccezione per il tutore alla gamba che solo sul finale toglierà, come a rappresentare il senso di liberazione nel distacco da Hamm, accudisce il vecchio, subendo vessazioni e soprusi verbali, eppure accontentandolo in ogni modo possibile, fino al momento in cui si stancherà e se ne andrà per sempre. O forse no. Forse questa sarà una delle tante giornate in cui Clov minaccia di lasciare Hamm, per ripiegare poi sempre su un ritorno, perché vincolato da un legame troppo forte per essere spezzato o forse perché semplicemente spinto dalla consapevolezza che fuori non c’è più niente per lui. Del resto, è come se anche loro non si rendessero conto dello scorrere del tempo: “ieri è effettivamente ieri, o è solo una parola?”, come viene detto in una conversazione tra i due. 

Il dramma stesso, in definitiva, trascende il tempo, anche grazie alla chiave interpretativa di Gabriele Russo e dei suoi attori, e impone con forza temi come il divario generazionale, la paura del futuro e i rapporti familiari tossici, evocando con efficacia la “finale dipartita” dell’umanità.

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