Dal 13 novembre Al 30 novembre

Finale di partita

di Samuel Beckett, regia Gabriele Russo
Calendario
  • Crediti:

    FINALE DI PARTITA
    di Samuel Beckett
    traduzione Carlo Fruttero

    regia Gabriele Russo

    con Michele Di Mauro, Alessio Piazza, Giuseppe Sartori, Anna Rita Vitolo

    scene Roberto Crea
    disegno luci Roberto Crea e Giuseppe Di Lorenzo

    produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini, Teatro Biondo Palermo

La “zona d’interesse” teatrale più a rischio – e ancora oggi centrale – è sempre la stessa: la famiglia. Da Sofocle al teatro contemporaneo, attraverso i secoli, resta il luogo della frattura, della lotta, del non detto e del soffocamento. Un teorico (mio alter ego: Elvis Flanella) scrisse un breve saggio intitolato “LA FAMIGLIA: distruzioni per l’uso”.
Ecco, per affrontare un testo sacro come Finale di partita nel 2025, ripartirei proprio da lì. Cercherei di allontanarmi dai confini teorici più consueti del testo – quelli legati alla filosofia dell’Assurdo e all’immaginario distopico o post-atomico, tipici delle letture del secolo scorso – per calarlo in una dimensione più concreta, più prossima a noi.
Il cuore del dramma beckettiano resta lo stesso: una famiglia chiusa in un eterno gioco al massacro. Ma oggi, dopo il trauma collettivo della Pandemia, il senso di questa segregazione assume nuove sfumature. In quel periodo ci siamo trovati tutti, in un modo o nell’altro, di fronte alla precarietà dell’esistenza, all’incertezza del vivere e del convivere, alla fragilità dei legami interpersonali – e in modo ancora più devastante, di quelli familiari.
La paura del futuro ha finito per erodere il presente, rendendolo uniforme, anestetizzato. La comunicazione mediatica ha scandito e regolato le nostre giornate, riducendo la casa a un bunker esistenziale. E quella che qualcuno ha chiamato “la peste del 2000” ha lasciato dietro di sé piccole e grandi distruzioni – fratture su cui, oggi, possiamo iniziare a riflettere. A distanza di qualche anno, forse possiamo provare a farne buon uso.
La partita è sempre la stessa. Ma il finale non andrà cercato solo in processi filosofici o metafisici. Sarà il Dolore a parlare. E, con lui, le fratture e i cataclismi sociali e politici che il post-2020 ci ha lasciato in eredità.
Gabriele Russo

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