
Sabato, domenica e lunedì
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08 Mar 2026
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Crediti:
SABATO, DOMENICA E LUNEDÌ
commedia in tre atti di Eduardo De Filipporegia Luca De Fusco
con Teresa Saponangelo, Claudio Di Palma
e con Alessandro Balletta, Anita Bartolucci, Francesco Biscione, Paolo Cresta, Renato De Simone, Maria Cristina Gionta, Alessandra Pacifico Griffini, Paolo Serra, Gianluca Merolli, Mersila Sokoli e cast da definirescene e costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Gigi Saccomandi
aiuto regia Lucia Roccoproduzione Teatro di Roma -Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Biondo di Palermo
Dei massimi capolavori del Teatro di Eduardo Sabato, domenica e lunedì è il testo più borghese, quasi cechoviano; la sua conclusione lieta sembra la meno agrodolce, la più sinceramente solare. L’autore dice che anticipa il tema del divorzio, ma a me non sembra. Talvolta l’opera acquista un valore autonomo dalle intenzioni del creatore. Io penso invece che la lieta riconciliazione di Rosa e Peppino ci commuova oggi forse più di ieri perché evidenzia la capacità di questa grande famiglia di comporre i conflitti. Appena esplode un temporale zia Memé si trasforma da anticonformista in angelo del focolare e i figli, invece di mostrare traumi che si trascineranno per il resto dei loro giorni (come saremmo portati a pensare oggi), sdrammatizzano la plateale litigata dei genitori. Tutti poi sono molto attenti a proteggere il nonno dalle amarezze di una domenica sbagliata. Insomma la famiglia De Piscopo è una vera famiglia, compatta e affezionata ai propri rituali. Ci commuove anche perché sa curare le proprie ferite e tiene alla salute del gruppo come ad un valore. Le donne, com’è giusto che sia, non preparano più la camicia e i calzini ai mariti e non dedicano più ore ed ore alla preparazione del mitico ragù. Quella famiglia si reggeva però su un equilibrio, che non abbiamo ancora ritrovato. Che dire poi della tenerezza che ci fanno Rosa e Peppino? Una che va in crisi per la competizione culinaria con la nuora, l’altro che si inventa una gelosia tolstoiana sul nulla.
Rileggendo questo capolavoro ci viene da rimpiangere più l’equilibrio perduto che l’anticipazione dei futuri conflitti. Ed emerge forse il rimpianto di Eduardo per una famiglia “normale”, da lui mai avuta.
Dal punto di vista della scrittura scenica, mai come stavolta, cercherò di essere un regista-interprete, che non si azzarda a spostare una nota della partitura, come un buon direttore d’orchestra, piuttosto che un regista-demiurgo che tende a diventare il vero autore dello spettacolo.
Nel 2018 misi in scena Sabato, domenica e lunedì nel celebre Teatro Vachtangov di Mosca. In quel caso decisi di usare una mano registica molto lieve, partendo dal presupposto che il pubblico russo non conoscesse la commedia, mai messa in scena, fino ad allora, nella loro lingua. Più vado avanti nel lavoro e più mi convinco che questo atteggiamento sia giusto anche in Italia.
Sia perché sono quasi venticinque anni che non viene rappresentata nel nostro paese, sia perché penso che Eduardo sia come Goldoni: si può interpretare, ma non stravolgere.
Siamo ormai abituati a far coincidere la parola “inquietante” con una definizione elogiativa di uno spettacolo. Ma non è così. Non è detto che far sorridere significhi far uscire dal sentiero dell’arte teatrale: Goldoni, Mozart, Cimarosa lo sapevano bene. E anche noi dobbiamo talvolta ricordarlo.
Luca De Fusco
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