di Domenico Scala
Dopo aver debuttato il 14 ottobre al Teatro Piccolo di Milano, e prodotto dalla Fondazione Teatro della Toscana, fa il suo esordio nell’accogliente cornice del Teatro Bellini di Napoli Donald – Storia molto più che leggendaria di un Golden Man, monologo di Stefano Massini che adatta sul palco un testo di sua stessa mano già pubblicato per Einaudi lo scorso maggio.
La proposta è semplice, ma accattivante; ripercorrere le vicende che hanno portato Donald J. Trump a proporsi come 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, muovendosi dai giorni successivi alla nascita fino alla prima ardita scintilla scattata in lui nell’ormai lontano 2006, in un momento particolarmente complesso per le finanze del suo impero.
La scena è apparentemente spoglia, essenziale. A valorizzare ciò che risulta essere il “nulla” su cui Trump costruirà le proprie fortune è un ensemble orchestrale di quattro elementi che propone un repertorio jazz a tratti sperimentale. Un pannello retroilluminato colora in maniera soffusa la rappresentazione con tonalità che spaziano da quelle più sfumate per i momenti più intimi e “ingenui” della vita del tycoon per sfociare puntualmente in quelle più accese, decise e sgargianti necessarie a evidenziare un climax o un momento cruciale per lo sviluppo del testo. Grazie a dosati e sapienti giochi di luci ed ombre, il racconto sviluppa visivamente la costruzione verticale del senso di potenza di Trump, che aumenta parallelamente all’elevarsi dei suoi grattacieli nello skyline di Manhattan.
Massini, premiato con ben cinque Tony Awards nel 2022 per la sua Lehman Trilogy, che gli ha garantito anche il premio ad personam – primo italiano nella storia! – per la Miglior Opera Teatrale, dimostra nuovamente di saper giocare bene con personaggi controversi della Storia contemporanea; dopo il successo del Mein Kampf dello scorso anno propone un’altra necessaria riflessione socio-politica, decisamente comunicativa nei toni e nello stile.
Il ritratto che ci viene proposto del biondo magnate newyorkese è quello di uomo evidentemente destinato a imporsi sugli altri un po’ per natura, un po’ per “rabbia”. Nel paragonarlo al leggendario maestro circense P.T. Barnum, l’istantanea che ne viene fuori ci racconta di una persona che ha tradito sé stessa e le origini della propria famiglia, tedesca dal lato paterno e scozzese dal lato materno. Non solo; risulta anche piuttosto chiaro che gran parte dei successi da imprenditore siano frutto di un’incredibile attività mistificatoria e di una straordinaria capacità di bluffare, di assumersi dei rischi, di camminare costantemente sul filo del rasoio.
Così che, mentre il punto di vista storico non emette sentenze ma indaga le cause, Massini traduce nelle forme del teatro una efficace riflessione di carattere generale su un personaggio chiave di questo primo quarto del secolo.

