di Marina Miscioscia
Psicologa, Psicoterapeuta, Prof.ssa Associata di Psicologia Dinamica presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova
The Belliner n.32

Les parents terribles è la storia di una famiglia borghese degli anni ‘30 che ci sorprende nel mostrarsi ancora così terribilmente attuale. Ci racconta i tormenti e le complessità di personaggi intrappolati nelle loro fragilità, isolati in dinamiche oppressive e in un disordine che invade i confini, quelli “sufficientemente buoni”, quelli necessari a garantire la possibilità stessa dell’essere. 

La stessa superficie scenica, due soli ambienti, ci racconta come non sembra esserci in queste dinamiche un sufficiente spazio di crescita che permetta un movimento fluido e indispensabile all’evoluzione del divenire. 

Così incontriamo Yvonne una madre incapace di rinunciare alla proprietà, al possesso del proprio figlio Michel, un uomo di 22 anni. Per la madre la rinuncia al possesso è possibile solo occupando la posizione dell’assenza (Recalcati, 2015); la donna nel non essere solo madre rompe la funzione incestuosa permettendo al figlio di sperimentare la propria libertà, l’alterità, la separatezza tra il me e non-me (Winnicott, 1954). La funzione dell’arte di Cocteau ci costringe a guardare una famiglia agglutinata (Bleger, 1967) che si sposta tra psicosi e deliri anche in terreni più nevrotici e tentativi di riparazione, nella costante oscillazione tra maturità e regressione. Il buio, le carezze inappropriate, le coccole a letto tra madre e figlio, creano un’atmosfera perturbante. Quando il bambino per la mamma assume finalmente l’aspetto dell’uomo adulto ella avverte una differenza repentina e traumatica; non è più il conosciuto, «il mio bambino». La trasformazione nell’uomo sessuato è un perturbante e tale perturbazione rompe l’incestuale producendo una lacerazione dolorosa ma necessaria, un nuovo lutto da elaborare per il recupero della tenerezza e di una nuova relazione che riconosce l’altro. Yvonne resta ancorata alla relazione fusionale tra lei e il figlio, imprigionata essa stessa. 

Tutti i personaggi che Cocteau ci mostra e le loro dinamiche ci confermano di non avere dimestichezza con i lutti. Vi è quasi una paralisi dei lutti: il figlio grande, improvvisamente la separazione, la prospettiva del nido vuoto, il tradimento, tutto arriva in maniera traumatica. Per Michel invece, il suo primo innamoramento per Madeleine rappresenta un primo processo di lutto connesso al processo di crescita, di separazione e del diventare indipendenti (Kenberg, 1995). 

Cocteau inoltre ci mostra ordine e disordine e il tentativo della natura umana di governarli. Da una parte il disordine come eccesso di informazioni ci mostra il disorientamento, come in Michel e il suo non trovare i calzini e Madeleine che impersonifica la nuova funzione accudente che li ritrova, e che sottolinea quanto egli non può essere autonomo e necessiti della continua dipendenza. Il personaggio della zia Léonie entra in gioco in un tentativo di mettere ordine, ma è una funzione contaminata e perversa perché si svolge in maniera scissa, attraverso un controllo morboso che inquina le dinamiche e mantiene i lutti congelati. Léonie non indica una possibile strada ma asserisce «si fa cosi». Opposta alla sua apparente generosità la zia in realtà non si mescola con l’amore, si distacca, la scissione emerge come modalità prevalente (quindi il tentativo di manipolazione) del tutto opposta a ciò che questo ragazzo Michel si concede invece nella disperazione, un salto nel vuoto che è un salto nella vita. Yvonne e Georges, si lasciano manipolare, diventano burattini nelle mani di Léonie e l’elemento più vitale appare infine nella disperazione psichica e fisica di Michel (la psiche non ce la fa a reggere e affida al corpo lo sconvolgimento) e in questo c’è la verità anche se disordinata e dispersa. 

Georges, inventore di cose inutili, uomo chiuso, isolato nel suo mondo dal quale ne esce solo per la relazione con Madeleine che stretta da bugie e sotterfugi non ha possibilità di futuro, di sano investimento. Il tentativo di invenzione di quest’uomo ci rimanda ad un tentativo di esplorare l’inconscio, l’oscurità (negli abissi) con qualcosa che permetta di riconosce e combattere i possibili nemici. Ma lo strumento è inadeguato, come inadeguato appare nel suo ruolo, nelle dinamiche di questa famiglia. Georges come Yvonne e tutti i personaggi sono vittime di una infelicità che appartiene alla cultura patriarcale che promuove follia (Hooks, 2010), promuove l’assenza paterna e la sola presenza materna, un noi che non gode dell’Io e del Tu e intrappola, e per questo Les parentes terribles si presenta ancora cosi attuale.

Il congelamento del lutto si osserva anche dove c’è un eccesso di bugie, la realtà è stravolta, cosa è vero e cosa no? Nell’inconscio tutto ha una valenza emotiva di verità, quindi cos’è più vero? Queste tante verità si mescolano e confondono se non c’è la dimensione maturativa del tempo e una funzione integrata di ordine che permetta l’esperienza, il distacco e il riavvicinamento.Quando Léonie dice a Georges «non rovistare troppo nel cuore perché nel cuore c’è di tutto», è uno dei rari momenti di lucidità che apre alla comprensione di cos’è l’inconscio (anche l’inconscio intersoggettivo perché è un nucleo familiare ad esserne interessato) e di come non può essere esplorato in maniera brusca e senza il giusto tempo, in una progressione dello sguardo che non ci travolga. Così la funzione di ordine non può essere immediata, manipolativa e sadica ma deve poter essere attraversata da processi maturativi. Qualcosa in questo carrozzone impedisce il processo maturativo, ma Cocteau forse non ci pone davanti ad una strada senza uscita, non c’è una psicosi conclamata: c’è una possibilità di sofferenza individuale che ci indica un quadro non irreversibile, ma una ricerca che restituisce un’empatia sui personaggi, come è la funzione dell’arte. Il Teatro ci offre la possibilità di terrorizzarci, esplorare le nostre implicazioni più tragiche e profonde ma restando in poltrona, al sicuro, ci offre una casa sufficientemente sicura dove noi ci sediamo e possiamo esplorare questo mondo sotterraneo, tragico, ricavandone una quota di conoscenza, l’arte può dire di noi stessi, soprattutto se riusciamo ad applicarla internamente e questo il teatro e l’inconscio lo fanno, lasciamoli lavorare…

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