di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
The Belliner n.40

Fotofinish è lo spettacolo che abbandonerò per primo, essendo il più faticoso e dovendo fare i conti con il tempo che passa. 
Ricordo, che nella sua prima edizione, Fotofinish era tutto bianco. Bianco il fondale, bianche le sculture, bianco il pavimento, e la sensazione di essere un bambino che giocava ha sempre la stessa intensità, pur avendo creato altre opere altrettanto memorabili. In Fotofinish c’è l’esigenza di dissipare quell’inutile fardello residuo che si chiama speranza, aggregazione, fiducia in una collettività ormai alla canna. 
Io mi sento molto vicino a chi viene a vedere quello che facciamo, il non aver mai previsto il giudizio di chi guarda ci rende molto familiari a colui che osserva, ed è questo il motivo per cui ancora si è attuali. In Fotofinish le articolazioni riescono a dimenticare gli anni grazie a un’onnipotenza infantile che trapassa la volontà. 
Ma adesso non è ancora il momento, creiamo con Flavia degli allestimenti shakespeariani che sopravviveranno alle nostre inutili carcasse. 
Fotofinish ne è una prova, opera del 2003, mai come oggi involontariamente attuale. Lo scempio è però nell’aria: rispetto a ventidue anni fa, una generazione si sta facendo largo, apparentemente soggiogata dai nuovi mezzi di comunicazione e strangolata da una cultura inclusiva solo in apparenza che fa razzia di ogni volontà. Spesso alla fine di questo spettacolo i ragazzi di vent’anni, in piccoli drappelli, ci aspettano e ci chiedono di cambiare l’epilogo. Ragazzi che nel 2003 non erano ancora nati, diventano accusatori per troppo perbenismo. 
La guerra è violenza, la guerra non è retorica, e non può essere morale; quello che diciamo a chi ci propone di cambiare il decorso di questa epopea è che chi non era ancora nato non può dettare le regole della comunicazione. 
Per il resto tutto abbastanza tranquillo, Fotofinish è un allestimento colossale pieno di gioia e di disperazione, quella che non abbiamo più. 
Mai si riuscirà a cambiare la forma della materia, quella dei sogni e quella di un pensiero che procede sempre in linea retta. Concedendosi ogni tanto qualche svarione elementare. Sappiamo che oltrepasseremo il tempo e questo, alla nostra età, è il propellente per continuare a essere irriducibili con buona pace di ogni Ministero.
Antonio Rezza

L’allestimento di FOTOFINISH è il primo esperimento di urbanizzazione dello spazio  teatrale, segna un passaggio estetico importante per il linguaggio spaziale molto presente  nel nostro lavoro, passo da un linguaggio rappresentativo bidimensionale a uno  volumetrico architettonico. Lo scopo è dare un ambiente inesplorato ad Antonio dove vivere e  sfinirsi. 
L’idea nasce da un’avventura sonora, L’Emozione Fatta Suono, iniziai a dare vita a strumenti a corde e riproduzioni del rumore della risacca, componendo oggetti trovati abbandonati o maltrattati, su totem metallici tremolanti costruiti con tubi metallici recuperati dai secchioni della spazzatura (1996- 2003). I Totem formavano una foresta di ricordi. Partendo da questa esperienza ho costruito i Totem per Fotofinish che riproducono il  tintinnio delle barche a vela ferme al porto quando il mare è mosso e sorreggono quadri di  stoffa mutanti.  
In Fotofinish l’esasperazione del conflitto tra l’uomo e lo spazio assume toni sproporzionati. 
La mancanza di spazio e di aria in quel tempo ha dato il via alla nuova modalità. L’allestimento è concepito in modo da non essere contenuto in nessuno spazio, ma adattabile, l’urbanizzazione degli elementi muta in base alle dimensioni dei teatri. I cinque elementi, i Totem, sviluppano le braccia e tentano di contenere il circostante, appesi ai totem giacciono sculture e volumi mobili che danno la possibilità di percorrere  tutto l’ambiente, i quadri di scena mutanti* Il mezzo che porta al nulla e I due  microcosmi. Il bianco è il colore dominante, in varie tonalità, con squarci di rossi vivaci verdi e blu. 
Gli elementi mobili con Antonio si intrufolano tra il pubblico, nel corridoio centrale del teatro su un prolungamento del palco. 
Entra per la prima volta in gioco un altro performer, Armando Novara, sostituito poi da Ivan  Bellavista e ora da Manolo Muoio. 
Abbiamo concepito Fotofinish dopo un’esperienza televisiva, Troppolitani (1999), interviste on the road che ci hanno fatto scoprire un’ulteriore realtà da rappresentare. Antonio introduce  un’interazione che coinvolge gli spettatori nell’allestimento bianco creando tensione in tutta la platea. L’accelerazione dei movimenti e la frammentazione delle storie recitate in  corsa creano un ritmo forsennato, la parola si purifica fermentando nello spettatore.  
MICROCOSMO, elemento dello spettacolo, in realtà è una scultura plurifunzionale che ho esposto Le opere e i giorni La vanitas curata da Achille Bonito Oliva (artisti in convento). 
Il Microcosmo vaga in uno spazio del quale ignora completamente le regole, come pianeta abitativo e   definitivo. La scultura plurifunzionale è attualmente nella Certosa di San Lorenzo a Padula dal 16 giugno 2004 Microcosmo è anche performer in Fotofinish
Flavia Mastrella

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